Oggi partiamo
da East London per arrivare finalmente a Durban, città a prevalenza indiana che
si trova duemila chilometri ad est di Cape Town. Questa distanza si nota soprattutto da
quanto sono anticipati l’alba e del tramonto: a Durban l’alba comincia
ben cinquanta minuti prima rispetto a Cape Town, di conseguenza il
sole tramonta cinquanta minuti prima, in pratica è quasi sera già alle 17. Quella
di oggi doveva essere solo una lunga giornata di trasferimento, invece il
percorso ci regalerà delle interessanti sorprese, sia culturali che paesaggistiche.
Lasciamo East
London poco dopo le 5.30 e subito la strada si allontana dalla costa salendo costantemente, sempre lungo la N2. All’alba siamo già sui mille metri
di quota e lì ci rimarremo per tutto il giorno, con continui saliscendi e un
passo che sfiora i 1.800 metri. Il paesaggio non è più verde, con
estese coltivazioni, come abbiamo visto in questi ultimi giorni, è invece
arido, quasi desertico, un continuo susseguirsi di aspre colline disseminate di
piacevoli villaggi etnici.
Questa è la
terra degli Xhosa, il secondo gruppo etnico del Sudafrica dopo gli Zulu. Vengono
chiamati anche “red people” (gente rossa), che si riferisce all’argilla rossa e
agli indumenti dello stesso colore indossati da molti adulti di questo popolo. Sono ottimi coltivatori e allevatori di bestiame, professano religioni animiste, anche se una parte di loro si è convertita al cristianesimo. Credono nella stregoneria e i roghi sono una pratica tutt’altro che sconosciuta. La
tradizione vuole che i maschi vengano circoncisi durante la pubertà con
strumenti artigianali, mentre il governo preme perché questa pratica avvenga
con strumenti più sicuri e da personale medico.
Sono Xhosa
diversi personaggi importanti del Sudafrica, tra
cui Nelson Mandela e Miriam Makeba. Mandela è nato a Mvezo, un villaggio a
poche decine di chilometri dall’autostrada N2 che noi stiamo percorrendo. Non
facciamo la deviazione, ma ci fermiamo a Qunu, perché qui ha vissuto gran parte
della sua infanzia e qui è stato sepolto insieme alla sua famiglia. Sono così tanti i "luoghi di Mandela" in Sudafrica che si potrebbe fare un viaggio a tema solo su questo.
Anche se la
tomba non è visitabile, perché rimane nascosta in un giardino privato, vicino
ad una sua ex casa, il luogo attira un numero cospicuo di visitatori che si
affacciano ai cancelli. Fu proprio a Qunu che la maestra attribuì al piccolo
Rolihlahla il nome occidentale di Nelson. Nei pressi si può visitare il
Nelson Mandela Museum. Purtroppo in questi mesi è chiuso per ristrutturazione e
noi possiamo fare solo delle foto dall’esterno.
È invece
aperto e il Nelson Mandela Museum di Mathatha, la città “capitale di provincia”
che si trova una quarantina di chilometri dopo Qunu, sempre sulla N2. Li,
attraverso delle immagini e dei video, ripercorriamo la storia di Mandela, dai
primi giorni fino alla sua morte. Nel museo ci sono intere scolaresche che riempiono tutte le stanze e ogni tanto intonano
canzoni corali. Commovente.
Sia prima
della città di Mathatha, che per molti chilometri dopo, le colline sono
disseminate di basse case rettangolari, tutte uguali ma di colore diverso,
affiancate dalle caratteristiche capanne rotonde degli Xhosa, chiamate “rondavel”.
Queste capanne hanno le dimensioni e le fattezze di una yurta, ma le mura sono solide
e alcune con il tetto ricoperto di paglia. Una famiglia ce ne fa visitare una:
all’interno sembrano proprio delle yurte, con i mobili appoggiati alle pareti e
un grande spazio centrale occupato dal letto. Le galline sono libere di
muoversi tra il letto, i mobile e la cucina, mentre non manca una piccola
televisione accesa.
Purtroppo, vicino a tutte le grandi città ci sono delle baraccopoli (township). Ne abbiamo
viste a perdita d’occhio uscendo da Cape Town, vicino all’aeroporto, e tante
all’ingresso e all’uscita di molte città. In un paese in cui ci sono il 7% di
bianchi che ha in mano l’80% del poter economico forse non ci si potrebbe aspettare
altro, ma alla tristezza delle township non ci si abitua mai, anche dopo averne viste tante
lungo la strada.
Sono dei veri
e propri ammassi di baracche di latta e di vite umane che combattono con niente contro la violenza omicida e senza
limiti, contro la sopraffazione e la povertà, contro il freddo invernale breve
ma intenso e il caldo infernale delle lunghe estati. Eppure hanno nomi belli:
Tembisa, “luogo della promessa”, Zola, “luogo della pace e della tranquillità”,
ecc., forse per esorcizzare la dura realtà quotidiana. Passando per la strada
facciamo qualche foto: da un lato ci sono ville moderne all’europea
e dall’altra le baracche accatastate della township.
 |
Tipiche abitazioni Xhosa, una casa più moderna
affiancata dalle caratteristiche "rondovel" |
 |
Molte "rondovel" hanno il tetto ancora in paglia
e sono dipinte dal caratteristico color turchese |
 |
Qui le mura sembrano costruite in adobe |
 |
Le donne ci fanno visitare la loro "rondovel",
il tetto in lamiera e le galline che entrano ed escono |
 |
Bambini si recano a scuola |
 |
Una chiesa, anche se sopravvivono molte tradizioni animiste |
 |
Una donna Xhosa con il suo cappello avvolto a forma di turbante |
 |
Il museo Mandela a Qunu, dove visse durante
d'infanzia e dove si trova la sua tomba |
 |
Bambini di una scolaresca in visita al museo di Nelson Mandela a Mathatha |
 |
Uno dei tanti pannelli del museo dove
viene ripercorsa la sua vita |
 |
Le ottime strade sudafricane tra i villaggi xhosa |
 |
Donne xhosa al lavoro |
 |
Una delle tante township lungo la strada |
 |
Vere e proprie case di latta,
gelide d'inverno e caldissime d'estate |
 |
Senza energia elettrica e l'acqua viene portata a mano |
Nessun commento:
Posta un commento