martedì 31 luglio 2018

Pitture rupestri a Twyfelfontein e alberi fossili

Da Kamanjab, incrocio all’americana con un distributore, un supermercato, e qualche guest house per i turisti di passaggio, partiamo alla volta delle pitture rupestri di Twyfelfontein, patrimonio dell’Umanità dell’Unesco. La strada più veloce sarebbe quella per Korixas e poi girare ad ovest per una sessantina di km, invece noi facciamo il giro ben più lungo che passa per Palmweg, lungo la C40 e poi la C43, tutte strade sterrate. Il motivo è che la C40 è panoramica e con la possibilità di avvistamento di animali lungo il percorso. 

Partiamo molto presto la mattina, la strada in realtà non ci sembra così bella, ma prima di arrivare a Plamwag avvistiamo un gruppo di elefanti che mangiano proprio intorno alla strada, noi e altri turisti rimaniamo lì mezz’ora a guardarli, finché attraversano la strada per andarsene. Bello. Questi sono chiamati elefanti del deserto, perché sono riusciti ad abituarsi a questo ambiente arido e con pochissima vegetazione.

Arriviamo a Twyfelfontein alle 13, sotto un sole cocente e  a picco. L'area è una zona transitoria tra il semideserto, la savana e la macchia. La visita di 40 minuti è guidata, non ci si può muovere da soli. Ci sono oltre 2000 dipinti rupestri e graffiti dell'età della pietra presenti sulle rocce di arenaria. Si ritiene che questi disegni siano stati fatti dagli antenati dei moderni San (Boscimani). La datazione è incerta, ma si pensa che i disegni più antichi possano avere più di sei mila anni. Rappresentano soprattutto scene di caccia a diversi animali (elefanti, leone, rinoceronti, giraffe, otarie e altri), molti dei quali sono rappresentati insieme alle loro impronte. Animali che in questa zona non ci sono più da parecchio tempo, per via della siccità.

A sei km da Twyfelfontein ci sono altre due cose di minore importanza da visitare.Visto che siamo qui diamo un’occhiata alle Organ Pipe, una gola dove si ergono delle insolite colonne di dolerite, una specie di basalto a grana grossa e poco più in là le Burnt Mountain, una distesa di scorie vulcaniche nere che sembra terra data alle fiamme.

A metà strada tra le pitture rupestri e la città di Korinxas c’è l’interessante visita alla Petrified Forest, un’area aperta punteggiata di tronchi d’albero pietrificati che misurano fino a 34 metri di lunghezza, che secondo gli studiosi risalirebbero a 260 milioni di anni fa. Questi alberi rappresentano gli antenati delle attuali conifere. Considerata l’assenza di radici, gli studiosi ritengono che ii tronchi siano stati portati qui da un’alluvione.

Verso le 18 arriviamo al paese di Korinxas, con poca benzina e nessun posto dove andare a dormire. Sembra che l’unica alternativa al campeggio sia l’iGowati Country Lodge, un po' troppo costoso per noi. Chiediamo a loro se ci sono delle guest house più economiche in giro, fanno un colpo di telefono e ci trovano un’ottima stanza in una nuova guest house, ancora senza nome, per un terzo dei soldi che ci chiedevano loro. Ceniamo ottimamente in questo iGowati Country Lodge, l’unico ristorante della città.


Elefanti del deserto lungo la strada per Palmwag

Tutta la famiglia

Ci passa proprio vicino

Pitture rupestri risalenti a sei mila anni fa

Rappresentano animali ormai estinti in questa zona

Alberi fossili risalenti a 260 milioni di anni fa

Una prateria piena di alberi fossili

Colonne di dolerite, Basalto a grana grossa 

Incontri preoccupanti pungo la strada

lunedì 30 luglio 2018

Visita ad un villaggio Herero

Siamo sempre ad Opuwo. Oggi visitiamo un villaggio herero, con la nostra guida del Kaoko Information Center, la stessa che ci aveva accompagnati al villaggio himba e allo stesso prezzo (200 dollari namibiani a testa più 400 per la spesa al supermercato da portare come dono). Ci interessano gli herero perché è veramente strano vedere in giro per la città donne africane con dei vestiti pomposi e sgargianti di colori, come se stessero andando ad un ballo in qualche castello europeo del XIX secolo.

Partiamo in direzione Sesfontein e dopo quaranta minuti di strada sterrata entriamo in uno dei tanti villaggi. Prima di farci scendere dall'auto la guida chiede al capo villaggio se accetta la nostra presenza e i nostri doni. Anche qui ci sono solo donne a anziani in giro, gli uomini più giovani sono al pascolo con buoi e capre. Si nota subito la maggiore agiatezza degli herero rispetto a quella degli himba. Le case sono solide, costruite con pietre ricoperte di fango e sterco, hanno un tetto, porte e finestre. C’è l’energia elettrica, la televisione, e non molto lontano c’è anche una scuola. Quando chiediamo alla nostra guida la differenza principale tra i due gruppi etnici, lui vi risponde: gli herero vanno a scuola, gli himba no!

Gli strani vestiti portati dalle donne herero sono il lascito dei missionari tedeschi dell’epoca vittoriana, e sono generalmente costituiti da una grande crinolina (una struttura rigida per tenere gonfie le gonne) indossata sopra una serie di sottane, con un cappello o un’acconciatura a forma di corno. Se ne potrebbero vedere tanti di questi vestiti a Okahandja il 23 agosto di ogni anno, durante una festa tradizionale.

Alcune donne herero di questo villaggio conoscono l’inglese. Parliamo con loro mentre sono riunite intorno al fuoco. La cosa più strana che ci raccontano è che una di loro, pomposamente vestita, è figlia di una donna himba che vive in una capanna poco lontano. Malgrado la vicinanza alla casa e alla cultura della figlia, la mamma continua a vivere e vestire nel modo tradizionale. Quando arriva la mamma non possiamo evitare di chiedere una foto insieme.


Torniamo ad Opuwo verso le due di pomeriggio e partiamo per tornare verso sud. Dopo oltre 300 km di strada asfaltata arriviamo a  Kamanjab verso le 17.30, troppo tardi per affrontare la strada sterrata verso Palmweg, anche perché non è chiaro se lì c'è da dormire. Troviamo una camera alla Melissa's Guest House e ceniamo al più simpatico Oppi Koppi Rest Camp, sotto un bel patio affacciato ad un giardino.

Il genocidio degli herero a Wattemberg

A fine dell’Ottocento, dopo aver preso il controllo della Namibia, i tedeschi si trovarono di fronte ad un problema, in quanto tutta la terra migliore si trovava nelle mani degli herero e dei nama. Nel 1904 il capo degli herero invitò il capo dei nama e degli altri clan a stringere un’alleanza per contrastare l’avanzata degli invasori. Davanti alla reazione degli herero, e degli altri gruppi, i tedeschi furono costretti a retrocedere, ma a questo punto dalla Germania vennero mandati altri rinforzi.

L’11 agosto 1905 i nativi (prevalentemente herero) ed i tedeschi scontrarono a Waterberg. Questa volta furono gli herero a ritirarsi verso est, incalzati dalle truppe tedesche. Nelle quattro settimane che seguirono, circa 65.000 herero furono uccisi o morirono di fatica e stenti. Quando i tedeschi decisero di mettere fine all’offensiva, l’80% degli herero era stato sterminato. Gli studiosi hanno calcolato che, se non ci fosse stata questa strage, gli herero sarebbero attualmente 1,8 milioni, e costituirebbero il gruppo etnico dominante al posto degli owambo: gli herero sono invece attualmente 120.000.

Solo nel 2004, cento anni dopo il genocidio di Wattemberg, la Germania ha chiesto ufficialmente scusa, con un indennizzo di 28 milioni di euro.

Le donne herero vestono con vestiti di epoca Vittoriana

Con cappelli a forma di corno

Le abitazioni degli herero sono già delle piccole case

I bambini herero vanno a scuola 

Le case del villaggio hanno colori diversi

Mamma himba e figlia Herero, i due gruppi etnici sono molto vicini

I colori a volte sono sgargianti

Gli uomini usano una specie di gonnellino al posto dei pantaloni

Un ragazzo aiuta la madre nella preparazione del cibo

domenica 29 luglio 2018

Le Epupa Falls al confine con l’Angola

Siamo sempre ad Opuwo, la capitale della regione del Kaokoveld, la più lontana e la più isolata di tutta la Namibia. La città stessa è un insieme di contrasti: strade polverose e poche case bianche distribuite intorno all’unico distributore di benzina e a due grandi supermercati simili a quelli occidentali forniti di tutto. Poche le auto, prevalentemente quelle dei turisti e delle agenzie di viaggio. Un unico ristorante. In giro donne Herero e Himba, pomposamente vestite le prime, quasi nude le altre.

Da qui partiamo per andare ancora più a nord, ai confini con il travagliato Angola, dove il fiume Kumene si allarga generando una serie di cascate impressionanti, che rendono un’oasi verdeggiante in quest’area totalmente desertica. Certamente niente di confrontabile con le cascata Vittoria, ma le Epupa Falls (che significa cascate spumeggianti, nella lingua locale) sono belle, sicuramente superiori alle nostre aspettative. Nelle pozze più tranquille, lontane dai movimenti più turbolenti dell’acqua si potrebbe addirittura fare il bagno, se non ci fossero dei cartelli ad avvisare del pericolo coccodrilli!

Purtroppo queste cascate si trovano 187 km a nord della città di Opuwo e l’unica strada, pur percorribile con un’auto normale, è tutta sterrata. Un 4x4 può andare veloce sopra la strada fatta di sassi e piccole “dune” che si susseguono una dopo l’altra, generate proprio dai fuoristrada quando corrono veloci, ma noi non possiamo distruggere le nostra piccola utilitaria. Dobbiamo andare piano e per fare quei 187 km impieghiamo quasi cinque ore, pause nei villaggi comprese, un fuoristrada impiegherebbe un’ora di meno. Ma con calma noi arriviamo quasi ovunque possono arrivare le altre auto.

Partiamo alle sette di mattina, il sole non è ancora sorto, e torniamo alle sette di sera, fermandoci due ore e mezza alle cascate, più varie pause lungo la strada per vedere i villaggi Himba. Bella l’escursione, anche perché si attraversa questo territorio pieno di villaggi, simili a quello he abbiamo visto il giorno prima con la guida. Le donne si fanno fotografare volentieri, a volte chiedono soldi, a volte del cibo, altre volte niente. Talvolta si mettono lungo la strada proprio per questo. Giusto fotografarle? Probabilmente no. Probabilmente non dovremmo nemmeno venire qui a sfoggiare tutta la nostra opulenza su super auto noleggiate all’Avis e che nemmeno a casa nostra ci potremmo permettere.

Le cascate Epupa sono imponenti

Nelle zone dove l'acqua è tranquilla si potrebbe fare il bagno...se non ci fossero i coccodrilli

Nei pressi della cascata crescono grandi baobab

Dall'alto della collina di fronte si ha una bella vista su tutta l'oasi, il fiume segna il confine con l'Angola

Un caffè dalla terrazza del lodge con vista sulle cascate

Le cascate sono tante, per una lunghezza di oltre un km

Donne Himba dei villaggi lungo la strada

Dei monili in vendita per i turisti di passaggio

I villaggi sono di una semplicità impressionante

Donna Himba nel supermercato di Opuwo


venerdì 27 luglio 2018

I villaggi della popolazione Himba

Usciti dal parco Etosha pernottiamo nella vicina città di Outjo, presso la Farmhouse, una guesthouse con un ottimo ristorante al piano terra. La mattina successiva partiamo molto presto verso nord e a mezzogiorno siamo Opuwo, una piccola cittadina che può essere definita una località da “ultima frontiera”. Siamo nella zona del Kaokoland, la più isolata della Namibia, dove vivono gli Himba, un gruppo etnico di pastori nomadi di circa 12.000 persone.

Lontana da ogni interferenza occidentale, e non “globalizzata”, la popolazione  Himba  vive ancora in modo tradizionale. I villaggi, di tipico stile africano, sono costituiti da agglomerati di semplici capanne di rami e paglia di forma conica e cementate con fango e sterco. Le donne, che nutrono un particolare culto della bellezza del corpo, ricordano per lineamenti ed usanze le popolazioni nilotiche, come i Maasai in Kenya o le popolazioni della valle dell’Omo in Etiopia. Il corpo nudo è ricoperto solo da un perizoma di pelle, o da un piccolo gonnellino, e spalmato di argilla rossa impastata con grasso animale, ocra ed erbe, e ornato con semplici oggetti di ferro: osso, cuoio, e conchiglie.

Già in giro per la città ci sono tantissime donne Himba e donne Herero. Quest’ultime, quasi all’opposto delle altre, si vestono con vistosi vestiti lunghi e colorati dell’epoca vittoriana, usanza acquisita durante la colonizzazione tedesca della Namibia. Gli Himba sono un sottogruppo degli Herero, che si erano rifugiati in Angola durante la colonizzazione, non subendo i cambiamenti degli Herero.

Per la visita ai villaggi contattiamo il centro culturale all’ingresso della città (Kaoko Information Centre), dove ci viene assegnata una guida locale che ci accompagnerà alla visita di un villaggio. Prima di partire compriamo al supermercato degli alimenti da offrire al capo villaggio, soprattutto sacchi di farina, olio e burro. Poi andiamo una trentina di km a sud della città presso uno dei tanti agglomerati di capanne.

Attraverso la traduzione della nostra guida cerchiamo di capire come vivono. I lavori più pesanti vengono svolti dalle donne: mungono gli animali, si occupano dei bambini, trasportano l’acqua e costruiscono le capanne. Gli uomini accompagnano gli animali al pascolo.

Gli Himba rifiutano di curarsi con la medicina moderna, usando esclusivamente rimedi tradizionali composti da erbe e pozioni confezionate da loro. I bambini vengono circoncisi prima della pubertà. Un uomo può avere più mogli, ma non viceversa. Per lavarsi le donne fanno sudare il corpo avvicinandolo ad una fonte di calore.

Dal punto di vista religioso, anche se la Namibia è stata completamente cristianizzata , per lo più da parte di chiese luterane, in molti villaggi Himba si pratica l’animismo. È consuetudine infatti che la donna più anziana del villaggi si occupi di tenere sempre acceso il fuoco sacro al centro del villaggio, perché in esso è rappresentato lo spirito protettivo del bene.

Al ritorno cerchiamo da dormire e troviamo una buona stanza all’Aameny rest Camp, proprio in centro alla cittadina di Opuwo. È da qui che vediamo l’eclissi di Luna con Marte vicino. Ceniamo, unici turisti, nell’unico ristorante della città.


Donne Himba con il loro bambino

Le loro capanne "mobili" sono fatte con rami,fango e sterco

Alcuni bambini del villaggio

Per gli Himba sono molto importanti gli ornamenti del corpo

Si riuniscono al centro e bevono birra, alcuni si ubriacano

Viene data molta importanza ai capelli

Hanno delle vere e proprie "parrucche" molto evidenti

Il cibo cuoce su dei pentoloni al centro del villaggio

Il corpo viene coperto con un impasto di grasso, ocra ed erbe. 

Le collane sono spesso fatte di corde, ossa e conchiglie

Alle donne spetta la cura dei figli e i lavori più duri

Giovane ragazza con già due figli, già a 13 anni possono avere il primo

i
 I villaggi Himba sono semplici, quasi passano inosservati

giovedì 26 luglio 2018

L’emozionante Etosha National Park

Dopo la Caprivi Strip, e l’arrivo a Rundu, ci prendiamo del tempo per sistemare alcune faccende in città. Preleviamo soldi con il bancomat, facciamo la spesa, compriamo un adattatore per le prese elettriche, che qui sono completamente diverse da ogni parte del mondo, compriamo una scheda telefonica per avere internet più facilmente (con 6 euro abbiamo un numero telefonico e 3 Gb di dati) e facciamo il pieno di benzina. Notiamo che anche qui i supermercati sono forniti di tutto, come in Europa. Una bella differenza con la povertà dei villaggi che abbiamo visto lungo la strada.

Verso le 11 di mattina partiamo in direzione Namutomi, l’insediamento nel parco appena all'interno della porta ovest. Speriamo di trovare posto nel campeggio, in modo da poter essere già lì in serata. Quando arriviamo all’ingresso sono le 16, il personale di guardia telefona ai vari campeggi ma è tutto pieno. Ci consigliano di tornare la mattina successiva alle 7.30.

Il parco Etosha è molto grande, oltre 300 km da est a ovest, tutti su strada sterrata che non permette di andare oltre i 60 km/h. Se non troviamo da dormire all’interno dobbiamo visitarlo in giornata ed uscire per forza entro le 18.15. Nel parco di notte non si può stare, gli unici posti consentiti sono le tre isole interne dotate di ristorante, lodge e posti tenda, spesso al completo.

Dopo il rifiuto abbiamo due alternative, dormire in tenda nei pressi della porta di ingresso per essere pronti la mattina successiva, oppure tornare a Tsumeb, e cercare una sistemazione più decente. Il problema è che qui dalle 18.30 alle 7.30 di mattina è buio pesto: cosa si fa in tenda, al freddo, per tutto questo tempo? Decidiamo per Tsumeb, 100 km e un’ora e mazza di strada, siamo fortunati perché  appena arriviamo troviamo un lodge/ostello, gestito da dei ragazzi tedeschi, dove siamo solo noi con un’immensa cucina a disposizione. Molto bello.

La mattina ripartiamo alle 6 per essere davanti alla porta del parco per primi. Facciamo il permesso per un giorno a Namutomi e puntiamo su Halali, l’altro campeggio che dista a 70. A Namutomi avevano telefonato per vedere se c’era posto per noi: ancora tutto pieno. Decidiamo di sfidare la sorte e andare direttamente lì a chiedere…arriviamo due ore dopo ad Halali e il posto c’è…miracolo della perseveranza. Solo dormendo lì dentro si può andare alla pozza d’acqua illuminata tutta la notte per vedere i rinoceronti.

Giriamo tutto il pomeriggio nel parco con la nostra piccola auto. Andiamo piano perché la strada è sterrata e pessima, mentre le 4x4 sfrecciamo facendoci mangiare tutta la polvere. Comunque, con la nostra calma, visitiamo tutti i punti di interesse e vediamo veramente tanti animali, soprattutto vicino alle varie pozze d’acqua. Ci avviciniamo anche al ‘pan’, una distesa infinita di sale bianco che diventa abbagliante con la luce del sole.

La sera mangiamo a buffet nell’unico ristorante di Halali e poi andiamo alla pozza d’acqua giusto in tempo per vedere due rinoceronti che stanno bevendo.

Il giorno successivo ci alziamo alle 5.30 per partecipare ad un safari dalle 6 alle 9, vediamo alcuni animali, ma non quanti ne abbiamo visto con la nostra auto. Alle 17, poco prima di uscire dalla porta di Okaukuejo, vicino alla pozza di Gemsbokvlakte, vediamo diversi leoni con i loro piccoli molto da vicino. Bello, veramente bello.

La particolarità, che rende questo parco uno dei più facili per la vista degli animali è il fatto che è praticamente piatto, senz’alberi, e i molti gli animali si possono vedere da lontano.

L'elefante se ne va scodinzolando...

Una leonessa con i suoi tre piccoli

Un rinoceronte ...a rischio di estizione

Paesaggi dell'Etoscha National Prak... il Pan visto in lontananza

Un deserto di sale...durante la stagione delle pioggia si riempie di acqua

Gli struzzi sono decisamente alti..più di noi

Zebre viste dal finestrino della nostra auto

Umbretta, detto anche uccello martello, per la sua strana forma del capo

Orice, antilope del deserto

Safari nottturno

Sempre eleganti

La pozza d'acqua presso Halali, dove la sera arrivano i rinoceronti

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Alle nove di sera è arrivato

Il Pan, grande lago salato all'interno del parco

La nostra piccola auto e la nostra piccola tenda nel campeggio del parco Etosha

Animali vicino alle pozze d'acqua

Ci sono anche i leoni

Una cucina tutta per noi a Tsumeb